Retrò style

Quante volte abbiamo sentito dire la frase "È così retrò!"? Riferita ad un capo di abbigliamento come per un componente di arredo, questa espressione ci fa subito pensare ai fasti delle epoche passate. Ma cosa significa davvero il termine “retrò” e in che modo può essere utilizzato nel settore del mobile senza risultare fuori luogo?

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Lo stile retrò: la nostalgia dei bei tempi andati
Quando parliamo di stile retrò, ci riferiamo alle mode che si sono susseguite tra gli anni ’50 gli anni ‘80. Rispetto ai nostri giorni, nei quali siamo ossessionati dal consumismo di massa, la mentalità era più semplice e costantemente rivolta verso la qualità e l’eleganza. La moda era influenzata dagli outfit degli attori di Hollywood, dagli studi sui nuovi materiali e, più avanti, dalla cultura pop sviluppatasi intorno alla musica rock & roll del tempo.

Le decorazioni in stile retrò, sui capi di abbigliamento come sulle tappezzerie dei mobili, hanno di solito un aspetto divertente, con colori vivaci, disegni selvaggi e un’innata eleganza. Gli estimatori di questo genere amano circondarsi di quelle atmosfere spensierate che caratterizzarono tutto il periodo che seguì all’ultimo conflitto mondiale. Dopo anni di sofferenza, la vita doveva essere vissuta appieno e la gente amava circondarsi del bello, in ogni sua forma.

Il concetto di “retrò” è, quindi, fortemente avvinghiato a quello di “nostalgia”. Così come guardare al passato con nostalgia porta sentimenti positivi ed evoca ricordi che rimandano ad un determinato tempo o luogo, il termine retrò si riferisce a tutti quegli oggetti in grado di calarci in un tempo diverso dal nostro.
Lo stile retrò nel settore del mobile

Letteralmente, la parola retrò significa “guardare all’indietro”. Quando designer, produttori e appassionati del genere parlano di mobili retrò, si riferiscono ad uno stile di arredamento che guarda al passato non senza un pizzico di nostalgia, rendendo omaggio a quegli stili tanto popolari in passato. Nello specifico, i mobili che al giorno d’oggi vengono definiti “retrò” erano quelli che arredavano le case degli anni ‘50, ‘60 e ‘70. Recentemente, date le forti innovazioni introdotte in questo settore negli ultimi anni, l’industria dell’arredamento ha aggiunto alla lista anche gli anni ’80.

Poiché, secondo le definizioni moderne della parola, con questo termine si usa indicare un passato recente, quando si pensa allo stile retrò ci si aspetta di vedere gli arredi autentici prodotti tra il 1950 e il 1980. Dato il forte consenso che questo stile continua a ricevere, negli ultimi anni le firme più famose nel settore dell’arredamento hanno creato linee di nuova produzione realizzate con le forme e i materiali caratteristici di quei tempi. Aziende come Walter Knoll o Rolf Benz sono celebri per i loro prodotti, che prendono costantemente ispirazione da questa corrente.

Lo stile retrò dei mobili si diffuse ampiamente in Germania, Inghilterra e Nord America a partire dagli anni ‘50 e traeva le sue origini dal più classico stile Bauhaus. La necessità dell’epoca di avere mobili di alta qualità a un prezzo accessibile, con un costante occhio di riguardo nei confronti del comfort, ha fatto sì che questa corrente prendesse piede rapidamente.

Lo stile retrò può essere stravagante, può alludere alla cultura pop e persino essere pacchiano o kitsch. Può fare cenno alle tendenze della moda, del design grafico, delle risorse naturali o degli eventi in corso. Questo è ciò che è l’arredamento retrò: tutto fuorché classico.

L’arredamento retrò: come è cambiato negli anni?
A seconda della decade nella quale i mobili sono stati prodotti, è possibile riscontrare numerose differenze tra un oggetto e un altro.
I mobili degli anni ’50 risentivano dell’influenza degli stili caratteristici di inizio secolo, che sfoggiavano mobili eleganti, con profili slanciati, posizionati su carte da parati e tessuti con motivi audaci. I mobili in stile retrò degli anni ’50 sorprendevano i commensali con tavoli in formica e con i classici sgabelli da bar cromati che ricordano le scene ambientate al ristorante del film “Ritorno al futuro”.

Il decennio successivo, il 1960, è diventato celebre per i suoi giochi in termini di struttura, modelli e stile. In questo periodo, forme psichedeliche e spruzzi di colore la facevano da padrone. Nonostante fossero ancora popolari i tavolini bassi e le credenze, si cominciarono a vedere mobili dalle fattezze più innovative, come le sedie monoblocco stampate o gonfiabili.

Durante gli anni ’70, i mobili iniziarono a perdere le loro fattezze eleganti e cominciarono a diventare un po’ più voluminosi e grossi. Il verde avocado, l’arancione, il marrone e il giallo oro dominavano le palette di colori dell’abbigliamento tipico di quegli anni, e questo si riversò anche nell’arredamento.
Per quanto riguarda gli anni ’80, fu in questo periodo che l’art decò si fece sentire pesantemente negli stili decorativi, così come i motivi caratteristici del mondo orientale. Teal e malva divennero i due colori più popolari nella maggior parte delle tappezzerie, incentrate soprattutto su fantasie geometriche e motivi floreali.
In poche parole, con il termine “retrò” ci si può riferire a stili anche molto differenti tra di loro, a seconda dell’epoca in cui i mobili sono stati prodotti o alla quale quelli di nuova fabbricazione si ispirano. Tutti rimangono accomunati da un’atmosfera tipica del passato, spesso nostalgica e malinconica.
Un errore comune nel pensare allo stile retrò è quello di accomunarlo a quello vintage. Quali sono le differenze tra le due correnti?

“Antico”, “vintage”, “retrò”: come distinguerli ed evitare le trappole?

Tutto ciò che compone l’arredamento di una casa – mobili, tappeti, componenti per l’illuminazione, opere d’arte – può essere tracciato su una cronologia storica ed etichettato come “contemporaneo”, “antico”, “vintage” o “retrò”.
L’età di un oggetto è un fattore determinante per la stima del suo valore e viene considerata alla stregua di altre sue caratteristiche, quali la condizione, la qualità e la relativa rarità. In relazione alla sua età, un oggetto viene valutato non soltanto verificando la sua effettiva data di origine, ma anche nel contesto delle mode e delle tendenze socio-economiche dell’epoca contemporanea.

 

Per fare un esempio, in periodi di magra può esserci un maggiore attaccamento verso quei periodi storici generalmente associati al comfort e alla stabilità economica.
Tuttavia, non tutto quello che è in vendita ha una data di origine certificata. Gli unici dati sui quali possiamo fare affidamento, spesso, sono le affermazioni presentate da un venditore che non ci presenta alcuna garanzia a supporto delle stesse. Molte volte, termini come “antico”, “vintage” o “retrò” sono utilizzati in modo improprio e illogico. I più eclatanti abusanti del gergo si avvalgono del seguente sistema di classificazione, molto utilizzato dai venditori soprattutto in occasione dei mercatini dell’usato e dell’antiquariato.

Con il termine “antico” viene descritto qualcosa di davvero vecchio. Generalmente in legno, i mobili accompagnati da questa etichetta sono spesso polverosi o ammuffiti. In ogni caso: da evitare. Un componente di arredo “vintage”, invece, viene spesso associato a qualcosa di troppo vecchio per essere considerato usato ma non abbastanza per essere appartenuto a nostra nonna. Chiamandolo “vintage” il venditore cerca di distrarre l’acquirente dalle vistose imperfezioni dell’oggetto. Con il temine “retrò”, invece, viene erroneamente etichettato qualcosa di fondamentalmente obsoleto e fuori moda. Facendo leva sul profondo significato del termine, il venditore spera di assegnare una valenza sentimentale e nostalgica a qualcosa che, semplicemente, non è più bello.

Ma se il linguaggio comune è inaffidabile e impreciso, quali sono le reali definizioni di “antico”, “vintage” e “retrò” e in che modo è possibile distinguere uno stile dall’altro?

Secondo la definizione ufficiale di “antico”, gli oggetti che possono essere associati a questo termine sono delle reliquie, delle opere d’arte, dei componenti di arredo o degli oggetti decorativi realizzati almeno 100 anni fa. Qualcosa, pertanto, creato in epoca più recente, non dovrebbe essere categorizzato come qualcosa di antico.
Mentre è un dato di fatto che un oggetto antico è qualcosa che ha almeno 100 anni di esistenza alle spalle, la definizione del termine “vintage” è leggermente più complicata. Il termine vintage nasce nel settore enogastronomico e non è altro che una forma alterata della parola francese vendage, che significa “l’uva raccolta in una determinata annata”.

 

Una delle sue definizioni secondarie è “un periodo di origine o produzione” (ad esempio, una Mercedes vintage degli anni ’60) o “durata dell’esistenza: età”. Un oggetto descritto come “vintage” dovrebbe parlare dell’epoca in cui è stato prodotto. Vintage può significare che un oggetto è di un certo periodo di tempo, come in” vintage 1950 “ma può anche significare (e dovrebbe significare) che l’oggetto esibisce la parte migliore dell’epoca specifica. In altre parole, affinché un oggetto possa essere definito come vintage, dovrebbe essere in qualche modo rappresentativo e riconoscibile come appartenente all’epoca in cui è stato creato.

 

Per concludere, si arriva alla definizione di “retrò”. Un oggetto identificato con tale termine dovrebbe porsi come obiettivo principale quello di far rivivere le atmosfere delle epoche passate, calando gli estimatori di questo stile nelle mode di un tempo lontano, con la nostalgia e i ricordi che ne possono seguire. I mobili retrò non devono essere necessariamente vecchi, purché facciano riferimento agli stili del passato recente e abbiano almeno 20 anni di vita. Questo limite di tempo è necessario per evitare di confondere un oggetto “retrò” con uno, semplicemente, “fuori moda”.
Fonte: https://www.cartadaparatideglianni70.com/lookbook/blog/la-differenza-fra-carta-da-parati-retro-e-vintage

 

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