OLIO: UN PENSIERO SUI FRANTOI IPOGEI SALENTINI

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Bastano tre vocali e una consonante nel panorama della vasta e complessa lingua italiana per esprime secoli di storia attraverso il meraviglioso mondo dell’OLIO. Gli antichi ulivi, le tante varietà, i diversi sapori e l’importanza che hanno avuto per gli uomini nel tempo. La pianta, simbolo di pace per eccellenza e l’olio ingrediente fondamentale per la cucina e una dieta equilibrata.
Quella cucina che per la riuscita di una ricetta, anche la più semplice, necessita della capacità di accostare e abbinare fra loro i giusti sapori. Anche gli oli hanno le loro valenze e le loro differenze, motivo per cui l’assaggio dell’olio prima dell’utilizzo dovrebbe essere prassi abituale e di buon gusto.
Le origini dell’olio traggono spunto dalla leggenda più recondita secondo cui tutto nacque dalla Dea Pallade Atena, vergine Atena, colei che ha forza e coraggio, saggezza e giustizia, e amore per le arti, i mestieri e l’agricoltura. Il mito si intreccia poi con altri Dei e altre situazioni. Ma se la leggenda è una supposizione fantastica la storia è ben altro, una storia lunghissima che ha abbracciato uomini e donne di differenti culture, tradizioni e religioni. L’olivo per la sua sacralità, per il suo legno e i suoi frutti dai quali si ottiene una preziosa sostanza magica che arricchisce e da benessere a chi la utilizza.
Una sostanza che un tempo, non poi tanto remoto, servì anche per illuminare le più importanti città d’Europa dando lavoro e reddito alle popolazioni locali: parlo dell’olio lampante. La storia dell’olio lampante la possiamo ritrovare in Puglia, in Salento, dove la presenza di antichi frantoi ipogei ce ne narra i passaggi.
Definito in gergo salentino “Lu trappitu” il frantoio ipogeo affonda le sue radici già nell’era del bronzo, affinato poi dai romani “trapetum” è rimasto attivo fino all’ottocento. Il “trappeto” era un ambiente destinato alla produzione e conservazione dell’olio, spesso ricavato da antichi scavi messapici o bizantini, e doveva avere una temperatura costante per mantenere la qualità dell’olio. Quell’olio che navigava per mare per arrivare a dare luce alle lampade delle città fino alla fine del XIX secolo.
E’ storia risaputa che la bella città di Gallipoli, oggi meta turistica di grande fasciano, era già all’inizio del XVI secolo la capitale indiscussa dell’olio lampante; basti pensare che alla borsa di Londra il prezzo di riferimento dell’olio era stipulato su base salentina.
All’interno dei frantoi ipogei, vere opere di grande capacità edile, la vita era però durissima e il lavoro decisamente pesante. Si lavorava giorno e notte per svariati mesi all’anno, in genere da ottobre a marzo, in alternanza alla pesca estiva; uomini e animali mangiavano e dormivano insieme, con poca aria e tanta umidità. A dirigere il gruppo di lavoro, la “ciurma”, termine utilizzato proprio in quanto gli uomini erano pescatori, c’era il “nachiro”, il capo squadra al quale si doveva dare il massimo rispetto, e poi tra le altre figure il mozzo, il tutto fare, spesso un bambino chiamato “turlicchiu”. Uomini comunque giovani che dovevano faticare senza sosta, alimentandosi in modo sommario, e il tutto per dare luce ai cittadini del continente europeo.
Il frantoio ipogeo aveva una sua logica operativa fatta di vasche, canali, pietre per la spremitura, presse (calabrese e genovese) e cisterne di conservazione. Opere ingegneristiche del passato che hanno potuto pulsare grazie alla presenza territoriale della materia prima. Gli ulivi secolari salentini che davano olive fresche e di qualità senza le quali l’olio lampante non sarebbe stato tale.
Per meglio comprendere questa lunga storia di olive, frantoi e fatica di quegli uomini vi consiglio di visitarne alcuni di persona. Ne troverete svariati in Salento in diversi comuni, e a Sava (TA) non perdete nel modo più assoluto il Museo dell’Olio. E’ posto proprio all’interno di un frantoio semi ipogeo, sotto il palazzo comunale, ristrutturato e ricco di oggetti appartenuti a quel periodo tra i quali una lampada orologio ad olio di notevole interesse storico culturale.
Vi consiglio di tutto cuore di visitarlo alla presenza del Prof. Antonio Cavallo grande conoscitore della materia e deliziosa persona con cui comprendere in toto cos’erano questi frantoi e la loro storia. Sarà un percorso affascinante nell’ambito di un comune salentino che vi regalerà altri scorci di grande interesse.
Includete dunque Sava nel vostro itinerario salentino e abbracciate al Museo dell’Olio un lungo racconto che vi consentirà di percepirne le atmosfere e, al contempo, vi riporterà indietro nel tempo. Sarà una bella esperienza.

Fabrizio Salce

www.museodelloliosava.it

 

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