“lista della spesa” vergata da Galileo Galilei il gran bollito

Alla Montanella di Arquà Petrarca il gran bollito alla padovana seguendo la “lista della spesa” vergata da Galileo Galilei

 Alla Montanella di Arquà Petrarca il gran bollito alla padovana seguendo la “lista della spesa” vergata da Galileo Galilei

 

Una tradizione culinaria tutta padovana all’insegna dei grandi sapori. 

Un connubio di gusti e profumi che si rifà alle vecchie ricette, sapientemente rivisitate, nella preparazione dei piatti. 

Un appuntamento atteso – per i molti gourmet – quello con il bollito (meglio il gran bollito visto la ricchezza delle carni), piatto tipico dei mesi invernali, che, nel padovano, assume un significato culturale in quanto era il preferito da Galileo Galilei. 

A riprova c’è la famosa” lista della spesa” vergata dal celebre astronomo l’11 dicembre 1604. 

La carne fu acquistata da un macellaio di Abano Terme e servì per preparare i pasti agli studenti che lo scienziato, allora docente all’ateneo padovano, ospitava a casa sua. 

E proprio quella “lista della spesa” ricorda quali sono gli ingredienti canonici del gran bollito: gallina padovana, anitra, manzo, lingua salmistrata, cotechino e testina di vitello.

Lista rimasta inalterata nel tempo. 

La tradizione vuole che anche nei pranzi di nozze si servisse, prima degli arrosti, il bollito con tutti i suoi ingredienti di rito: manzo, gallina, cotechino, lingua salmistrata, a discrezione l’anitra, l’oca, la faraona. 

Il tutto accompagnato da verdure cotte, cren con l’aceto, salsa verde, salsa di noci, mostarda e sale grosso.

  Un rito che alla “Montanella” di Arquà Petrarca è vivo, come negli altri locali storici aderenti all’associazione “Ristorantori Padovani”. 

I padroni di casa Giorgio Borin, la moglie Biancarosa, i figli Francesca, Giuseppe e le brave brigate di cucina e sala, hanno deliziato i palati dei molti commensali. 

Connubio di gusti e sapori

 “La cena del bollito – spiega Giorgio Borin – è un connubio di gusto e sapori che valorizza la tradizione dell’arte culinaria padovana.

La qualità degli alimenti è la migliore ricetta per un piatto.” 

Si è iniziato con l’invitante guazzetto di gallina insaporito da chiodini e grana. 

Due primi: ottimi  quanto delicati i tortellini fatti in casa in brodo di cappone e il raro, ma perfetto nella cottura e gusto, risotto con i fegatini ( un tempo il piatto della festa delle corti contadine). 

Poi la carrellata di bolliti, tutti ghiotti: manzo, gallina padovana, anitra, lingua salmistrata, cotechino di casa (maiali macellati dalla famiglia Borin), testina accompagnati dai contorni di stagione purè, verdura cotta. 

Attesi e molto apprezzati: cren, mostarda piccante, salsa alle noci e alle olive. 

Tutto preparato dalle sapienti mani di Bianca rosa, regina della cucina del ristorante “Montanella”. 

Come dessert la peccaminosa, irresistibile torta di mele con crema inglese allo zenzero. 

L’antica vite Dorona

Perfetta negli abbinamenti la selezione di vini, tra cui il Dorà, ottenuto dalle uve dell’antica vite Dorona, cresciuta lungo il muro di quella che, un tempo, era l’osteria “Antico Guerriero” nella piazza di Arquà Petrarca, davanti alla tomba del Poeta.

Si deve a Giorgio Borin, profondo conoscitore delle eccellenze del territorio di Arquà Petrarca se questa arcaica vite e ritornata in auge. 

Nella scorsa primavera proprio su incarico di Borin, il professor Diego Tomasi di Conegliano, ricercatore e direttore del Consorzio del Prosecco di Valdobbiadene Docg, ha eseguito alcuni prelievi sui tralci e coordinato le analisi svolte a Lecce, all’Università del Salento. 

Nuovo sopralluogo prima del pranzo del gran bollito e prime rivelazioni.

 “La vite di Dorona – ha detto Tomasi – ha almeno due secoli, una delle più antiche del Veneto”. 

Patrimonio vitivinicolo che è stato “salvato” e valorizzato grazie all’intuizione e alla passione di Giorgio Borin. 

Nella sua azienda agricola “Foscolo”, ha coltivato le viti (riprodotte in talea), “figlie” dall’antica Dorona, ottenendo un vino il Dorà (circa 300 bottiglie) dagli originali profumi e colore giallo dorato. 

Un progetto, quello di salvare la vite Dorona che vede impegnata anche l’amministrazione comunale di Arquà. 

Il sindaco Luca Callegaro si è attivato perché si arrivi, in tempi brevi, al vincolo della storica pianta, incredibilmente cresciuta dentro e lungo il muro dell’ex osteria. 

Che da secoli vigila sulla tomba del Petrarca.